Uova in codice: Come leggere il codice d’identità sul guscio di ogni uovo

Lo sapevi che le uova hanno una carta d’identità? Proprio così! Il codice univoco stampato sul guscio consente di fornire informazioni utili al consumatore. Facciamo un esempio:

0 IT 033 MN 702

Il primo numero (0) si riferisce al metodo di allevamento ossia il modo in cui vengono allevate le galline ovaiole. In commercio ci sono 4 tipi di uova:
Tipo 3 – Le galline hanno cibo a volontà ma non hanno spazio per muoversi liberamente. Sono allevate in gabbie di piccole dimensioni, all’incirca grandi quanto un foglio A4, con una superficie minima di 550 cm quadrati per ciascuna. Dal 2012 queste gabbie sono vietate pertanto vengono utilizzate quelle “arricchite”, leggermente più grandi di almeno 750 cm quadrati dotate di lettiera.

Tipo 2 – Le galline non sono più in gabbia ma sono “allevate a terra” ovvero in capannoni chiusi per un massimo di 9 galline per metro quadrato.
Tipo 1 – Sono uova prodotte da galline “allevate all’aperto” che passano ⅓ della loro vita a razzolare all’esterno e dispongono di uno spazio di almeno 2,5 metri quadrati dotati di nidi, lettiere e trespoli. La densità massima all’interno è di 9 galline per metro quadrato.
Tipo 0 – Sono uova sempre prodotte da galline che passano almeno un ⅓ della loro vita a razzolare all’aperto ma vengono nutrite con mangime biologico privo di additivi chimici. All’esterno ogni gallina ha disposizione all’incirca uno spazio di 4 metri quadrati mentre all’interno la densità è di 6 galline per metro quadrato.
In Italia, le uova di tipo 3 da galline allevate in gabbie “arricchite” sono quelle più commercializzate contro il 10% delle uova allevate all’aperto e biologiche.
Il secondo codice (IT) rappresenta la provenienza delle uova. In Italia è raro trovare altri codici di nazionalità differenti in quanto il nostro paese è autosufficiente, è in grado di produrre un numero sufficiente di uova per soddisfare l’intero fabbisogno della popolazione per questo non è necessario importare da paesi esteri.
Segue il codice ISTAT del comune di provenienza e della relativa provincia. Nel nostro caso (033) rappresenta il comune di Marmirolo nella provincia di Mantova (MN). Per ulteriori informazioni relativi ai codice ISTAT dei comuni consultare direttamente il sito ufficiale ISTAT oppure quello del Governo. (https://dait.interno.gov.it/territorio-e-autonomie-locali/sut/elenco_codici_comuni.php)

Il numero finale (702) serve per la tracciabilità del prodotto, identifica l’allevamento e l’azienda di produzione sulla quale rivalersi in caso di intossicazione alimentare riscontrata in un lotto di vendita.

Da cosa dipende il colore del guscio e del tuorlo?

Il guscio dell’uovo è composto prevalentemente da carbonato di calcio e da decine di migliaia di piccoli pori che consentono lo scambio di gas con l’interno dell’uovo e l’eventuale embrione. Il colore si basa esclusivamente su fattori genetici: per esempio le galline di razza padovana le uova tendono ad avere un colore rosato/marrone mentre per quelle di razza livornese sono bianche.

Diversamente dal guscio, il colore del tuorlo dipende esclusivamente dall’alimentazione della gallina in quanto i pigmenti responsabili della colorazione sono le xantofille e si trovano principalmente nel mais, nelle foglie verdi e nell’erba. In particolare l’erba medica ne è molto ricca, per questo viene impiegata nei mangimi con un buon potere pigmentante.

Le xantofille fanno parte della famiglia dei carotenoidi e nel tuorlo svolgono un’importante funzione antiossidante proteggendo tutte quelle sostanze delicate che vi sono contenute come le vitamine. Per un tuorlo dal colore arancione intenso vengono impiegate le xantofille rosse.

Colore del tuorlo: questione di alimentazione coloranti

Il colore del tuorlo a volte può assumere un ruolo centrale, basta guardare sulle confezioni di alcune uova per notare scritte sgargianti che garantiscono un arancione intenso ai propri impasti, nel caso si voglia preparare della pasta fresca fatta in casa. Addirittura una volta veniva attribuito alla sua colorazione lo stato di salute delle galline: più acceso se deposti da galline sane, più pallido se prodotti da galline malate.

Proprio per questo, l’Unione Europea ha deciso di regolarizzare e consentire l’uso dei coloranti direttamente nei mangimi degli animali. Gli allevatori possono utilizzare per esempio la luteina (E161b) e la zeaxantina presenti nel mais, la capsantina (E160c) presente negli estratti di paprika, la cantaxantina (E161g) una sostanza naturale rossa che si trova in alcune alghe e batteri e viene prodotta di solito per via sintetica. Alcuni carotenoidi vengono anche aggiunti al mangime di salmoni e trote salmonate di allevamento per colorare le carni

Autore:
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